Una storia del tutto inaspettata, scritta lanciando i dadi. Questi qui:

LA TORRE DI LUCE
Molto tempo fa, in un posto sperduto del mondo, c’era un villaggio. I suoi abitanti erano cacciatori, guerrieri, sciamani, discendenti di una grande tribù di spiriti liberi come il vento.
Un tempo erano stati nomadi senza radici e le loro dimore erano state sempre senza fondamenta. Lo erano rimaste anche dopo che la tribù si fu imbattuta nella Torre. Quando successe, gli sciamani dissero di accamparsi lì, tutto intorno. Prima o poi sarebbero ripartiti, quando fosse venuto il momento.
La Torre era altissima, quasi non si riusciva a vederne la sommità, saliva nel cielo, più in alto delle nuvole. Ogni anno poi, la notte del primo novilunio d’estate, la Torre emetteva un potentissimo fascio di luce che saliva su verso l’infinito, squarciando la notte.
Succedeva ogni estate, da tanto tantissimo tempo…tanto che la tribù aveva perso il conto dei noviluni rischiarati dal fascio di luce. Avevano perso il conto anche del tempo passato da quando il primo giovane coraggioso aveva tentato, senza riuscirci, l’impresa di arrampicarsi fin lassù, una sera del primo novilunio d’estate.
Gli sciamani avevano interpellato il fato lanciando le pietre della sorte: esse rivelarono che il momento di ripartire sarebbe arrivato quando si fosse trovato il prescelto. Il prescelto doveva essere il migliore, colui in grado di emergere dal gregge senza tornare mai a mescolarsi con esso.
Il prescelto, avevano annunciato gli sciamani, doveva essere colui che fosse riuscito nella grande arrampicata. Il prescelto avrebbe scalato la Torre, sarebbe arrivato in cima e dall’alto avrebbe visto il mondo e lo avrebbe compreso. Dall’alto avrebbe guardato dentro la Torre e avrebbe compreso. Poi sarebbe sceso, senza temere: nulla avrebbe parato la sua caduta, ma lui non sarebbe precipitato.
Furono innumerevoli i noviluni d’estate in cui giovani coraggiosi tentarono l’impresa. Iniziavano l’arrampicata con caparbietà. Ogni volta però alcuni di loro cadevano, altri, stremati si fermavano per lunghi momenti aggrappati alla roccia prima di cominciare a scendere giù. Nessuno mai era riuscito ad arrivare fin lassù.
Passarono tante estati, tante da perdere il conto, tante da dimenticare quando tutto fosse iniziato. Ma la notte in cui un giovane riuscì finalmente a scalare la Torre, tutti la avrebbero ricordata e poi raccontata per innumerevoli altre estati. Il giovane si arrampicò, abile come una formica sul muro. Arrivato tanto in alto, tanto più su del chiarore dei falò, non lo si poteva vedere più. Però non cadde mai, e continuava a non cadere.
Lo videro quando la Torre emise il fascio di luce: videro la sua sagoma scura stagliarsi lì in alto, avvolta dal fascio luminoso. La sagoma scura sembrava farsi grande, le braccia alzate verso l’alto: il giovane sembrava voler salire ancora più su di dove già era arrivato. E così avvenne. Lo videro volare nel cielo, trasportato dal fascio di luce.
Il prescelto aveva visto troppo, compreso troppo, dissero gli sciamani. Non avrebbe potuto tornare a rivelare verità troppo grandi. Le entità superiori , dissero gli sciamani, lo avrebbero fatto diventare uno di loro.
Il giorno dopo la tribù si rimise in viaggio: abbandonarono la Torre e non la rividero più. Le entità superiori si erano prese il loro prescelto, ma avevano donato loro lo spirito dell’Uomo che Sale nel Cielo che avrebbe ascoltato le loro preghiere e guidato dall’alto i loro passi.